sabato 29 maggio 2010

Testimone inconsapevole

Ho finito un altro libro. L’ho comprato sei giorni fa e rispetto ai miei standard ci ho messo anche troppo per leggerlo. Per fortuna ne ho un altro ancora da finire, così non vado in astinenza. Si trattava di Testimone inconsapevole di Gianrico Carofiglio, romanzo legal thriller con per protagonista l’avvocato Guerrieri. Più volte mi era stato consigliato di leggere qualcosa di questo autore ma non mi ero mai fidata troppo. Carofiglio, oltre ad essere ovviamente scrittore, è magistrato e senatore. E a queste parole nella mia mente vedevo scritto a chiare lettere “WARNING: NOIA!”. Ora, d’accordo che mi piace leggere un po’ di tutto ma i mattoni non li digerisco neanche io, quindi mi ero guardata bene dal leggere qualche suo libro. Inoltre questo autore è di Bari e mi era stato consigliato da baresi, ho quindi pensato che fossero “di parte” e che magari non era granché. Per di più la prima volta che ne ho sentito parlare a consigliarlo è stato un amico dei miei genitori. Barese. Avvocato di professione (mestiere del protagonista del libro). Per quanto stimi questa persona avevo decisamente bollato Carofiglio come da non leggere. Mi sbagliavo. Ho visto una videointervista allo scrittore. Una mezz’ora di chiacchierata tra lui e un presentatore. Una settimana più tardi ero in fila alla cassa di una libreria con il suo primo libro tra le mani. E una settimana dopo ancora eccomi qui a parlarne su un blog. Direi che sì, mi è piaciuto. Non sono qui per fare pubblicità a nessuno ma se amate leggere e magari siete alla ricerca di un titolo nuovo potreste farci un pensierino, tutto qui.

lunedì 24 maggio 2010

Aràkne

Aràkne, una giovane donna che viveva in Lidia, un giorno si vantò di essere una tessitrice migliore di Atena, dea stessa di quest’arte, e che se avesse sfidato la dea la vittoria sarebbe stata certamente sua. Le ninfe dei boschi, sentito ciò che aveva detto la donna, riferirono le sue parole ad Atena. La dea, travestita da anziana le si avvicinò e le consigliò di ritirare la sfida, di pentirsi della propria arroganza e di accontentarsi di essere la migliore tra le mortali. La donna disse che se Atena non accettava la sfida era perché non aveva il coraggio di competere con lei. A quelle parole la dea Atena si rivelò e accettò la gara.

Aràkne tessé una meravigliosa tela in cui erano raccontati gli amori di alcuni dei e le loro colpe, in particolare del dio Zeus di cui Atena era la figlia prediletta. La tela di Atena rappresentava invece le gesta della dea e a lavoro ultimato, nonostante la tela della dea fosse stupenda, Atena dovette ammettere che la giovane umana l’aveva vinta. Atena, adirata, fece a pezzi la tela della rivale che l’aveva umiliata mentre la ragazza scappò nel bosco e tentò di impiccarsi. La dea però la raggiunse e le inflisse una punizione per averla sconfitta: trasformò la fanciulla in un ragno e la costrinse e tessere per sempre la propria tela sull’albero al quale Aràkne intendeva impiccarsi.

Ho sempre amato la mitologia in generale ma quella classica mi affascina particolarmente. Fin da piccola sono stata convinta che sarei andata al liceo classico perché amavo, e amo tuttora, la lettura, la mitologia, il greco e il latino ecc.… Poi sono arrivata in seconda/terza media e mi sono chiesta se era davvero quello che volevo. Ebbene no. Amo tutte queste cose ma sono sicura che doverle studiare per forza me le avrebbe fatte odiare come mi è successo con il disegno: io adoro davvero disegnare, passo la maggior parte del mio tempo a scuola disegnando sul banco e sui quaderni ma alle medie non finivo mai i disegni che mi venivano assegnati e avevo una media pessima in educazione artistica non perché io sia pessima nel disegno ma perché non consegnavo i disegni finiti o non li facevo affatto. Quando è arrivato il momento di scegliere una scuola superiore ho guardato le mie pagelle e mi sono basata sulle materie dove andavo meglio lasciando il disegno, la lettura e le altre mie passioni per il tempo libero. Avrò fatto bene? Solo il tempo lo può dire.

giovedì 20 maggio 2010

Vespa e altri inset… pardon: motori.

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Non amo gli insetti. Fa un po’ stupore quando lo dico, in genere. Solitamente è normale sentirsi dire, soprattutto da una ragazza, che non si amano gli insetti perché il più delle volte si intende il genere bacherozzo e affini ma quando specifico che a me non piacciono tutti gli insetti, incluse farfalle e coccinelle vengo guardata come se fossi un’aliena. È curioso quindi pensare che lo scooter che adoro si chiami Vespa. Sono una specie di figlia dei fiori in quanto a gusti e passioni quindi è naturale che questo sia il mio mezzo preferito, dopo ovviamente del bully. Ma il furgoncino è già un’utopia in confronto alla vespa. Mi piacerebbe avere un vespino originale magari color panna con gli adesivi come quelli che si vedono sulle vecchie valigie… Ma anche guidare la vespa di mio papà non sarebbe male! Non corrisponde al mio desiderio ma, caspiterina, non vorremo mica snobbare una vespa che ha comunque almeno una ventina d’anni di servizio alle spalle? Certo che no.

La foto in alto è stata scattata da mio padre non-so-quanti anni fa non-so-dove-esattamente dal sedile posteriore di una macchina in moto. Viene da domandarsi come mai vi dia queste non-informazioni, a questo punto. La risposta è 42. E dopo questa citazione che potevo risparmiarmi vi dico semplicemente che trovo che sia una bella foto e volevo pubblicarla con qualche informazione al riguardo e mi sono resa conto di non averne. Sono un genio (ironico, ovvio).

Sono una persona alquanto contradditoria: mi piacciono le vespe ma in genere non amo le due ruote perché mi trasmettono una sensazione di velocità e pericolo. Essendo, come detto poco fa, contradditoria vi dirò di più: adoro anche le belle moto, ovvero moto come le Harley Davidson o le Guzzi, per le quali provo una sorta di venerazione. Mi rimandano infatti alla mente immagini - alquanto stereotipate - di un uomo coi baffoni, un cappello da cow-boy e stivali in pelle che ne cavalca una lungo strade interminabili che attraversano il deserto e i canyon. E sarebbe il mio sogno fare un viaggio on the road attraverso l’America. Perché ve ne sto parlando? Perché si scorge un Signora Moto sulla sinistra della foto, semi nascosta da una macchina parcheggiata.

P.S.
Ieri il blog ha compiuto tre mesi! Non è un gran traguardo ma la maggior parte blog nasce e “muore” entro i primi 90 giorni mentre io li ho superati! Un applauso per me.

giovedì 13 maggio 2010

Una porta.

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Una porta.
Un porta dove porta?
Può portare in un altro mondo?
E poi puoi tornare indietro?
E se dietro la porta c’è un mostro pronto a spaventarti?
E se la porta è chiusa?
E se è murata?
Guarda, cosa vedi dalla serratura?
È tutto buio?
C’è una donna che si spoglia?
C’è il mostro?
Ma una porta unisce o separa?
E cosa separa o unisce?
Due ambienti?
Due persone?
Hai provato ad aprirla?
Si apre?
E cosa c’è dietro?
Un’altra stanza.
Era solo una porta.
Una porta.

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Medusa

Amo ascoltare artisti poco conosciuti, di cui solitamente i miei coetanei ignorano l’esistenza. Questo ormai l’avrete notato. Tra questi miei idoli figura tra i più famosi Annie Lennox. Dico che è tra i più famosi ma in realtà questo nome agli adolescenti spesso non dice nulla, a meno che non si faccia il nome del brano Sweet Dreams, cantato con gli Eurythmics, il gruppo di cui ha fatto parte, anche se capita che i miei coetanei conoscano in realtà la versione di Marylin Manson. A far risvegliare in me la voglia di riascoltare Annie Lennox è stato un articolo letto su un altro blog (qui, per la precisione). Stavo scorrendo i titoli quando vedo scritto “Annie Lennox”, è stato come se avessi visto dopo anni il nome di un’amica d’infanzia a cui ero legata ma di cui ho perso i contatti… vi capita mai? Leggere il nome di un qualcosa (in questo caso qualcuno) a cui sono tanto legata da considerare mio su un blog altrui, scritto da qualcuno di sconosciuto. Allora, come facevo da piccola, sono corsa da papà.

«C’è l’hai Medusa, Annie Lennox?»
«E me lo chiedi, pure? Certo!»
«Lo voglio sentire!»

Ecco che allora papà mette, con un sorrisetto, il CD nel lettore. La voce di Annie Lennox esce dalle casse, entra dentro di me e la sento. Sì, la sento. Ci sono cose che si sentono e cose che si sentono. Il che è del tutto diverso perché in questo caso qualcosa dentro di me è scattato e mi sono messa piangere commossa: il primo brano è No more I love you’s, che è stata la mia prima canzone preferita. Fino ai dieci anni circa se mi si chiedeva quale fosse la mia canzone preferita rispondevo senza esitare: «No more I love you’s!» Se dico che era la mia canzone preferita significa che non era semplicemente un “mi piace più di altre” ma che le ero, e sono tutt’ora, profondamente legata per vari motivi. Era la mia canzone.

Ho deciso di condividerla con voi anche se per me è molto personale, quindi… ecco… trattamela con rispetto, d’accordo?

lunedì 10 maggio 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (VIII)

Ho lasciato in sospeso le drug-songs ma saltiamo direttamente all’ultima e chiudiamo in grande stile. Per chiudere in grande ci vuole qualcuno di grande, un gruppo o un artista che ha fatto la storia della musica. Non parlo quindi a caso dicendo che chiudo in grande stile perché, ragazzi miei, è dei Pink Floyd l’ultimo brano che vi vado a proporre. Hanno dedicato un intero disco a Syd Barrett (a questo link trovate una bella fotografia), chitarrista e cantante del gruppo, che abbandonò la band per un esaurimento dovuto alla droga che usava assumere, ma non è da questo album (Wish you were here) che traggo il brano di oggi. Oggi scelgo la canzone forse più famosa dei Pink Floyd insieme ad Another brick in the wall: Brain Damage, spesso conosciuta sotto il nome di The dark side of the moon, titolo del disco. In questo album ogni canzone tratta di un tema piuttosto negativo, come ad esempio i soldi che ossessionano la mente umana portando all’avarizia, la morte, il passare del tempo con conseguente invecchiamento e, arrivando a noi, l’infermità mentale. Ma, Lola, che c’entra l’infermità mentale? Be’, c’entra. C’entra perché si tratta del deterioramento mentale dovuto all’uso di droghe. Brain Damage significa infatti “Danno cerebrale” e ci sono in questo brano allusioni a Syd Barrett. Se ancora non l’avete fatto vi consiglio caldamente di darvi un’ascoltata a questo disco; io ho la fortuna di avere un padre amante della musica e che soprattutto ama ascoltarla come si deve: ha infatti un impianto stereo niente male e tra i nostri vinili è annoverato questo capolavoro – che, se posso vantarmi, è addirittura Original Master Recording, ovvero edizione limitata in quanto realizzato dal nastro master originale e non in successivi “passaggi”, ha un suono migliore e altre caratteristiche che lo rendono il top – e a breve spero di riuscire ad ascoltarlo in religioso silenzio godendomi appieno i Pink Floyd, anche se ho ascoltato il CD fino quasi all’usura e alla noia (ovviamente non mia ma di chi se l’è dovuto “sorbire” perché io lo volevo sentire).

Ma basta cianciare, vi lascio finalmente ascoltare il brano promesso:

Harmonica

Sono sempre stata attratta dalla musica e sempre ho sognato di imparare a suonare un qualche strumento. All’inizio desideravo imparare a suonare l’arpa e il violino, poi il pianoforte, per passare alla chitarra – sia acustica che elettrica – e all’armonica. E finora ho imparato sì e no il flauto dolce… La voglia di suonare l’arpa o il violino è passata ma sono rimaste intatte le altre e mi sta perfino incuriosendo la batteria. Dopo aver ascoltato Room to move di John Mayall, oggi ho stranamente voglia di armonica… Amo questo strumento ma ogni volta che provo ad imparare, la pazienza mi abbandona e finisco con l’innervosirmi perché non riesco a suonare come si deve. Mi sono innamorata dell’armonica ascoltando Bob Dylan (che io adoro e riverisco) suonarla nei suoi brani. Ci sono praticamente cresciuta con Bob, cullata dal suono della sua voce, della sua chitarra e, naturalmente, dell’armonica… Knocking on heavens door è stato forse tra i primi suoi brani che abbia conosciuto ed è sempre rimasto nel mio cuore. È una delle poche canzoni in assoluto che mi faccia commuovere, non tanto per il significato ma quanto per ciò che fa riemergere in me al suo ascolto. Vi lascio alle note di The times they are a-changin’ di Bob Dylan, dove suona la sopracitata armonica.

domenica 9 maggio 2010

9 maggio 2010

mamma-culla-spagna

Vi sarete ricordati, spero, che oggi è la festa della mamma. I miei auguri vanno dunque a lei, alla mia di mamma, ma il mio pensiero va a mia nonna con l’augurio che possa stare bene, se non fisicamente, perlomeno nell’animo. Spero che il mio abbraccio vi arrivi anche da qui, anche se sono lontana da voi.

martedì 4 maggio 2010

Don’t worry, be happy

Lo so che sono strana. Sono pessimista e mi faccio prendere facilmente dall’ansia ma mi passa facilmente: a dimostrazione di questo vi racconto il mio lunedì mattina. Mi sveglio prima del solito perché si preannuncia cattivo tempo ed è meglio arrivare a scuola a piedi piuttosto che in bici, sbadiglio e mi alzo incavolata. Dopo essermi preparata e tutto me ne esco di casa, mi infilo le cuffie nelle orecchie e comincio a fischiettare, canticchiare e camminare-saltellare a tempo con la musica. Sinceramente non ricordo quale fosse il primo brano che ho ascoltato ma ho perfettamente stampato il momento in cui dopo una breve pausa parte Don’t worry, be happy, continuo quindi a fischiettare e a schioccare le dita allegramente mentre gli automobilisti e i pedoni che mi passavano accanto sulla statale erano giustamente scontrosi e assonnati (ricordiamoci che era lunedì mattina). Questo non perché sono completamente partita con la testa ma perché trovo che comunque vadano le cose sia meglio per tutti che le si affronti con il sorriso ed uno stato d’animo sereno.

È per questo che nonostante oggi sia stata una giornata triste pubblico un “trittico” disegnato da me medesima ispirandomi alle famose avventure di Alice. Spero in questo modo di essere riuscita a strapparvi un piccolo sorriso.

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lunedì 3 maggio 2010

Sindrome di Peter Pan

Sarà la primavera. Sarà che da piccola ero drogata di cartoni animati. Sarà l’alcol dei pennarelli che sto usando. Sarà chissà cosa ma in questo periodo mi immagino protagonista di episodi “favolosi”. Mi immagino esplorare un labirinto fatto di alte siepi, un labirinto inondato di luce, odoroso di estate, un labirinto di cui non ho paura, che è solo un gioco, dove devo contare sul mio istinto per uscirne, o meglio per raggiungere il centro dove si nasconde una meravigliosa fontana colma di pesci rossi e grosse ninfee, rane e rospi che gracidano tranquilli e muschio sulle pareti. Tutto intorno basse panchine in pietra che ti invogliano a stendertici. Se faccio una giravolta su me stessa si mischiano come in un dipinto impressionista il verde delle siepi e dell’erba, l’azzurro intenso del cielo e il grigio della pietra con alcune macchie rosse e rosa: i pesci nella vasca e i fiori di cui è pieno questo spiazzo.

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Il bello di questa mia età è che posso essere matura e responsabile quando serve per poi tornare bambina ed immaginarmi queste cose senza difficoltà e soprattutto senza pensare di consultare un analista. Dicono che l’adolescenza sia un periodo difficile, che non ci si capisce ecc…. Sarà vero ma… Voi adulti vi capite? Avete ogni cosa sotto controllo? Io non credo. Penso che l’adolescenza sia semplicemente quel periodo in cui un po’ alla volta i problemi e le responsabilità vengono poggiati sulle nostre spalle e che noi, novelli Atlante, dobbiamo reggere fino al momento in cui potremo riposare e passare il fardello alle nuove generazioni. Quando saremo abituati a questa novità, a questo peso, saremo riconosciuti come adulti. In questo periodo della vita sono come un’adulta solo che posso ancora fingermi una bambina, posso ancora sognare ad occhi aperti, abbracciare un pelouche la notte, piangere se sono triste, fare le facce buffe per far divertire i miei amici. Spero di riuscire a farlo anche in futuro. Devo proteggere la bimba che è in me, penso che se perdessi questo lato di me non mi riconoscerei più. Un giorno sarò un’adulta ma cercherò di conservare il lato Peter Pan del mio carattere. Spero solo di ricordarmelo.