venerdì 30 aprile 2010

Libertà. Solo una parola?

«Non parlare di libertà. Tutti sono bravi a parlare di libertà. Libertà di qua, libertà di là. Ci si riempiono la bocca. Ma che diavolo te ne fai della libertà? Se non hai una lira, un lavoro, hai tutta la libertà del mondo ma non sai cosa fartene. Parti. E dove vai? E come ci vai? I barboni sono i più liberi del mondo e muoiono congelati sulle panchine dei parchi. La libertà è una parola che serve solo a fottere la gente. Sai quanti stronzi sono morti per la libertà e nemmeno sapevano che cos’era? Sai chi sono gli unici ad averla? La gente che ha i soldi. Quelli sì…»

Mi ero ripromessa che non avrei utilizzato parolacce o comunque parole volgari qui sul blog ma a mo’ di scusa posso dire che non sono parole mie ma tratte dal libro Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti. D’accordo, ma ce le ho messe io sul blog, mica lui… Già, ma rendevano meglio. Io non ce le tolgo. Ci sono problemi peggiori, il fatto che ho scritto due parolacce di numero su un blog è il minore dei mali, io credo. Ormai i bambini ne conoscono più di me di queste parole…

giovedì 29 aprile 2010

istantanee (ma va’, è il nome del blog!)

-Lola, ma il tuo blog si chiama istantanee… perché pubblichi anche video musicali, vignette e quant’altro?

Be’, è molto semplice: perché nel blog pubblico tutto ciò che rende una giornata diversa da ogni altra, e per tutto intendo tutto. Se a cambiare una giornata è l’aver realizzato che si sta avvicinando l’estate, scrivo di averlo realizzato. Se a cambiarmi una giornata è lo star canticchiando una certa canzone, pubblico quella canzone, ecc.…

-Ma allora perché il tuo blog si chiama istantanee?

Perché suona bene, perché mi piacciono le istantanee ma soprattutto perché tutti gli altri nomi che avevo pensato non erano più disponibili.

-Perché ti fai domande da sola come se fosse un’altra persona a portele?

Perché è divertente, perché sono schizofrenica, perché di sì.

-Qualcuno ti ha mai realmente posto queste domande o hai fatto tutto da sola?

Be’, sarebbe carino se dicessi che qualcuno me l’abbia chiesto ma la realtà è che mi faccio tanti problemi quindi direi la seconda: ho fatto tutto da sola.

-Grazie per averci rilasciato questa intervista in esclusiva. Ma sei stramba, non credo che ci risentiremo mai. Addio.

pesce

lunedì 26 aprile 2010

E ora qualcosa di… Alternative

Solitamente sulla musica non ho pregiudizi ma solo giudizi: mi piace ascoltare ogni genere di musica. Non dico mai “non mi piace il metal”: prima lo ascolto e poi casomai dico che mi fa orrore. Ma non fa orrore: è solo un esempio. (Questo lo dovevo dire: ho amici metallari e se non specificavo me li sarei ritrovati a bussare alla mia porta con mazza ferrata alla mano. Sono permalosi.) Quindi quando dico che ascolto rock è perché la maggior parte della musica che mi piace appartiene al genere o ad uno dei numerosissimi sottogeneri. Ma non disdegno di ascoltare cose nuove, mi piace variare, mi piace conoscere nuovi generi ed avere una mente aperta. In questi giorni sto ascoltando dell’indie e alternative rock. E mi sta piacendo! È musica, per l’appunto, alternativa (caspita, Lola! ma come ti vengono mai certe illuminazioni?) e può non piacere. D’altronde questi sono solo i miei gusti che siete liberissimi di non condividere.

Questa canzone si chiama King Rat ed è cantata dai Modest Mouse. Ammetto di non sapere di cosa parli il testo ma anche se dovesse parlare delle unghie dei piedi di un troll del libro fantasy che il cantante ha letto all’età di dodici anni, be’… penso che mi piacerebbe lo stesso. Ormai sono legata a questa canzone e sarebbe difficile cambiare idea. Il video potrebbe risultare forse un po’ crudo ma ma vi assicuro che non è niente di inguardabile, parola mia*! Il regista è un attore che io adoro e che purtroppo ora non c’è più: Heath Ledger.

*Per parola mia intendo: parola di una ragazzina che non riesce nemmeno a guardare la locandina di un film horror, figuriamoci se vi rifilo un video splatter!

venerdì 23 aprile 2010

Niente è più ipnotico dello sguardo di un gatto.

img247

Questo gatto sarà morto da secoli. Già, sono questi i pensieri romantici che mi attraversano il cervello (malato, come già sapete) quando vedo foto di animali scattate vent’anni fa, in più era un randagio: è ancora più facile che si sia beccato una malattia o  che un’auto l’abbia preso sotto. Ma in realtà volevo scrivere un post allegro, solo che come al solito io penso una cosa e poi mi viene fuori l’opposto…

Ricominciamo da capo.

Vorrei diventare fotografa. Ma non per professione, solo per passione. Perché non per lavoro? Perché poi verrei chiamata a fare foto e filmini ai matrimoni di sconosciuti… sai che barba! Tutto il giorno a riprendere suocere che guardano in cagnesco il/la compagno/a di vita del/la proprio/a pargolo/a, cuginetti che si tirano i capelli, nonne sedute sulla sedia che fissano il vuoto con aria assente per ore, zitelle che fissano il testimone dello sposo credendo di parere provocanti, scapoli che cercano di abbordare la più carina tra le damigelle e poi le classiche foto di rito dove una famiglia di quaranta persone deve entrare in un’istantanea di 20x10 cm con sposi minuscoli al centro, donne ai lati e uomini accovacciati a terra (ho trovato una foto del genere in tutti i servizi dei matrimoni che abbia visto, non so voi!)… No no, meglio fare foto per diletto: una pianta rampicante dai colori vivaci che sale lungo un muro, un insetto su una foglia o meglio ancora cogliere lo sguardo di un gatto che magari sta studiando la sua preda, che osserva ciò che potrebbe rivelarsi un pericolo o che cerca di capire perché una pazzoide si è stesa per terra ad un metro da lui con un marchingegno sulla faccia (sarei io con la macchina fotografica…).

Questa foto è stata scattata da mio padre. Lo si capisce perché è venuta bene, ha una bella inquadratura, c’è un sapiente uso di profondità di campo (che sarebbe la fascia di “messa a fuoco” che risalta un soggetto sfocando ad esempio lo sfondo, in parole molto povere; in parole mendicanti) e perché è riuscito a regolare tutto questo in tempo per cogliere il gatto in una buona posa. Papà, insegnami.

giovedì 22 aprile 2010

Mare e deliri

img243

Si avvicina l’estate. No, non sono matta: lo so che siamo ad aprile ma io sono fatta così, inizio ad esaltarmi per qualcosa qualche mese prima e poi quando arriva l’evento ho perso tutto l’entusiasmo e quel giorno/periodo arriva e passa come niente fosse. Per esempio comincio a pensare al mio compleanno verso dicembre quando in realtà è a fine febbraio, poi arriva il “grande giorno” e non faccio nulla di importante per festeggiare perché ho esaurito il periodo di sorpresa, di estasi. Ma questo cosa c’entra? Assolutamente niente.
Dovete smetterla di farmi distrarre.

Quello che volevo dire è che sta arrivando l’estate pian pianino. Le maniche si accorciano, alle scarpe da ginnastica vengono sostituiti i mocassini, le coperte di lana spariscono lassù nell’armadio e la gente smette di lamentarsi per il freddo per cominciare a brontolare dal caldo. Sì, sta proprio arrivando l’estate. E con l’estate, per i più fortunati che non vengono rimandati a settembre, arrivano le vacanze. Da passare rigorosamente al mare. Non mi venite a parlare di montagne che vi lincio! Vedo le montagne ogni santo giorno dalle finestre di casa mia: andando a scuola la mattina saluto Heidi ma lei mi ignora perché è tutta presa dalle sue caprette… “Lola saluta Heidi e Heidi saluta le caprette… na na na…”

Devo farmi vedere da uno bravo.

Torniamo al benedetto punto iniziale prima che le mie sinapsi si sentano del tutto inutili e che tentino il suicidio di massa, rubando la scena ai lemming… Sta arrivando l’estate: questo punto l’abbiamo assodato.
Punto 2: arrivano le vacanze (=mare). E fin qui ci siamo.
Punto numero 3: non credo ci sia un punto numero 3, non so dove voglio andare a parare…

Devo decisamente farmi vedere da uno bravo.

Se siete arrivati a leggere fin qui senza pensare “Ora questa rimbecillita la uccido. E sarà una morte leeenta e dolorooosa. Oh, se lo sarà!” vi faccio i miei complimenti perché io inizierei realmente a farci un pensierino.

Per chiudere questo post in cui si nota chiaramente il mio delirio da bisogno di vacanza vi chiedo se vi piace la foto di corredo all’articolo. È una foto scattata anni fa, prima ancora che nascessi io, dal mio papà. Povero lui, non poteva certo immaginare che la sua figliola all’apparenza sana avrebbe poi aperto un blog dove avrebbe lasciato senza guinzaglio il suo cervello malato… E se invece lo immaginava già, be’… abbiamo capito come mai ha una figlia del genere.

mercoledì 21 aprile 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (VIII)

Questa volta, dopo Hotel California, ci occupiamo di una canzone meno conosciuta: Puff, the magic dragon di Peter, Paul and Mary. In questa canzone la relazione con la droga non è certa ma si entra nelle leggende metropolitane, quasi. Chi ha visto la commedia Ti presento i miei, con Robert De Niro e Ben Stiller, si ricorderà forse di una scena in cui i due attori sono in macchina e alla radio parte questa canzone, Ben Stiller allora afferma che parla di droga mentre Robert si chiede come faccia a saperlo. Ve lo ricordate? No? Non importa.

Fatto sta che ho cercato e vengono smentite relazioni questa canzone e la droga, ma non si sa mai… Ho cercato anche delle traduzioni ma sul web non ne esistono; in pratica parla dell’amicizia tra un ragazzino ed un drago, dopo un certo periodo però il ragazzino non va più a trovare Puff (se non ho capito male perché il ragazzino cresce e muore mentre i draghi sono immortali).

Cheese!

img249

Dovevo assolutamente postare questa immagine sul blog (istantanee, per chi non se ne fosse accorto…).
Cheese! Lola

martedì 20 aprile 2010

Smoker

Per la serie “vantiamoci di quel minimo di capacità che ho nel disegno” vi propongo un altro schizzo fatto su un blocchetto minuscolo nel quale, viste le dimensioni, i dettagli vanno a farsi friggere (ne è un esempio lampante il fatto che la mano sinistra è decisamente orripilante).

img234

Le pagine sono sottilissime e si vede una scritta che si trova sul foglio dietro… ma voi, come me, fingerete che questo non si noti.

lunedì 19 aprile 2010

On the road (J. Kerouac)

Dopo un po' arrivammo in un paese, rallentammo, e lo Smilzo del Montana disse: «Ah, ora di pisciare», ma quelli del Minnesota non si fermarono e attraversarono l'abitato direttamente. «Diavolo, devo scendere» disse lo Smilzo.
«Falla fuori da un lato» suggerì qualcuno.
«Be', farò così» disse lui, e lentamente, mentre stavamo tutti a guardare, si trascinò sul sedere, centimetro per centimetro, fino al di dietro della piattaforma, tenendosi meglio che poteva, finché le gambe non gli penzolarono in fuori. Qualcuno bussò al finestrino della cabina per richiamare l'attenzione dei due fratelli, i quali si voltarono, sfoggiando i loro larghi sorrisi. E proprio mentre lo Smilzo si accingeva ad eseguire, già instabile com'era, quelli cominciarono a zigzagare con l'autotreno a centodieci l'ora. Lui cadde all'indietro per un momento; vedemmo nell'aria uno zampillo come quello di una balena; lui si sforzò di rimettersi seduto. Quelli fecero sbandare l'autotreno. Bam! lui cadde giù su un fianco, orinandosi addosso. Potevamo sentirlo imprecare debolmente in mezzo al fracasso, come il lamento di un uomo lontano oltre le colline. «Maledizione...maledizione...» Non si accorse affatto che questo glielo facevamo apposta; stava semplicemente lottando, tenace come Giobbe. Quando ebbe finito, come Dio volle, era zuppo da strizzare, e ora gli toccò tornare piano piano al suo posto, tenendosi in equilibrio, con uno sguardo tutto vergognoso, mentre tutti, fuorché il triste ragazzo biondo, ridevano, e i due del Minnesota si sganasciavano nella cabina. Io gli porsi la bottiglia perché si consolasse.
«Che diavolo» disse «l'hanno fatto apposta?»
«Certo.»

domenica 18 aprile 2010

Perché gli aerei rimangono sospesi nell’aria?

Questa era la domanda posta da un bambino a Gianni Rodari ne Il libro dei perché a cui risponde oltre che scientificamente anche con questa piccola filastrocca:

L’aviatore vola in alto,
più su dell’aquila e del falco,
più su delle nubi e della tempesta,
dove il sole fa sempre festa.

In un albo di Linus però ho trovato una risposta ancora più poetica e che personalmente preferisco.

img209

Brera

DSCN1859

Sembra un’immagine d’altri tempi con questo muro in mattoni, le piante che vi ci si arrampicano sopra, le carriole e le veneziane alle finestre… Ma, come ci sentiamo ripetere spesso, le apparenze ingannano: ho scattato questa foto il mese scorso nell’orto botanico di Brera, nel centro di Milano! Accanto al Brera troviamo la casa di Armani (sì, il famoso stilista!) e a poco più di mezzo chilometro incontriamo niente meno che il famoso Duomo. Non si direbbe, eh?

Nella mappa qui sotto ho segnato i due punti: in basso a sinistra abbiamo il Brera, sulla destra il Duomo.

milano

sabato 17 aprile 2010

Palombaro

Volete vedere un mio disegnino stupido? Ahah, tanto qui decido io, quindi… sì, lo volete, e come!

Dunque ora vi sorbite questo intelligentissimo schizzo fatto su un taccuino minuscolo nel quale voglio precisare che, visto che in molti l’hanno pensato, non è rappresentato un morto impiccato… perché dovrebbe avere la testa così grossa un impiccato? Perché la corda dovrebbe essere così lenta? Perché ci dovrebbe mai essere un’anfora sotto di lui altrimenti? Ma soprattutto… e i pesci? che c’azzeccherebbero mai?? Non sarò un’artista ma grazie mille…!

img235 

È un disegno stupido e senza senso, lo so.
È pieno di difetti, lo so.
La scansione ha risaltato tutti i difetti di cui sopra e ne ha creati altri, lo so.
Ma a parte questo… che ne pensate?

giovedì 15 aprile 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (VII)

Dopo aver postato canzoni dove il riferimento alla droga era abbastanza facile da intuire (ieri era la volta di Purple Haze) passiamo al “No, davvero parla di droga? Non ci credo!” perché parlo oggi di una canzone che sicuramente conoscete tutti ma di cui forse non sapete il significato: mi riferisco a Hotel California degli Eagles. Il gruppo ha infatti ammesso che il testo è una metafora della schiavitù che danno alcol e droga. Nel testo infatti si legge di un hotel dove vieni accolto a braccia aperte dal quale però non puoi uscire: "Si rilassi - disse il portiere di notte - lei può pagare il conto quando vuole ma non può lasciare l'albergo".
Vi lascio dunque alle calde note di questa ballata.

mercoledì 14 aprile 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (VI)

Dopo il mito di mia madre passiamo al mito riconosciuto universalmente come tale, uno tra i più grandi chitarristi della storia, se non il più grande. Il re degli assoli. Lui. Jimi Hendrix -boato del pubblico-.
Questa è la sua Purple Haze, canzone che parla della marijuana (Haze è una varietà di cannabis) cantata durante il festival di Woodstock del 1969. Non vi nascondo che avrei voluto esserci e non solo per Jimi: c’erano molti dei cantanti che adoro e riverisco ora (ad un festival di 40 anni fa, se fossi una normale adolescente mi farei un paio di domandine ma non posso nemmeno nascondervi che non sono una normale ragazzina…), è stato uno degli eventi musicali e culturali più importanti del ‘900 e da l’idea di essere stato molto divertente… Ma purtroppo sono nata solo un quarto di secolo dopo! Ma ascoltiamo ora in religioso silenzio –al massimo vi concedo di scatenarvi fingendo di suonare una chitarra, stile air band, non di più!- la sua performance:

martedì 13 aprile 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (V)

Dopo Johnny Cash e la sua Cocaine Blues passiamo a Neil Young. Sono stata cresciuta da mia madre nel culto di Neil Young, quindi questa canzone la dovevo proprio mettere nella lista… Il brano è tratto dall’album Harvest e si tratta di Needle and the damage done (letteralmente: “ago e il danno fatto”) dove ancora una volta viene trattato il tema dell’eroina. Qui però l’autore non parla della propria dipendenza ma di quella di persone a lui vicine che non sono riuscite ad uscirne e che sono morte di overdose.

Cambiato il layout

Ho cambiato il layout (l’aspetto) del blog, che ne pensate? Sinceramente quello di prima mi metteva una tristezza… Ma voglio sapere il vostro parere!

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (IV)

Continuiamo con le drug-songs (qui l’ultima puntata). Torniamo ancora sulla cocaina con Cocaine Blues cantata da Johnny Cash. Torniamo indietro nel tempo con questa canzone… è la versione che Johnny Cash canta ai carcerati di Folsom nella famosa esibizione, lo si capisce perché invece di dire “San Quentin pen” canta “Folsom pen”. Il brano racconta di un uomo che ha sparato alla sua donna sotto l’effetto della cocaina e dell’whiskey e che per questo finisce in galera.

lunedì 12 aprile 2010

La legge del telecomando

Finalmente abbiamo la tv (è una lunga storia…) e si è ripristinata un’antica legge che a lungo è stata dimenticata: la legge del più forte, detta anche legge del telecomando. Potrei spiegarvi a parole di cosa si tratta ma io credo che questa striscia di Peanut sia più chiara e certamente più divertente.

img197 
Ovviamente io, per quanto impegno ci metta, non riesco mai ad ottenere il potere decisionale…
(cliccando sull’immagine la vedete a dimensioni originali)

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (III)

Continuando la carrellata di drug-songs (qui la prima e qui la seconda puntata) passiamo dalla cocaina all’eroina. Si parla di musica, lo ripeto un’altra volta. Che non vi facciate idee sbagliate! La canzone di oggi sarà Heroin dei Velvet Underground. Ad essere sincera non conosco molto i Velvet se non per i brani più famosi… Parlando di eroina mi viene in mente il libro Trainspotting dove il protagonista era giustappunto eroinomane, l’avete mai letto o visto il film? Ma scommetto che preferiate ascoltare Lou Reed piuttosto che i miei sproloqui, quindi enjoy!

sabato 10 aprile 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica… (II)

Come promesso nel post di ieri eccomi qui a pubblicare il video di Eric Clapton che canta la sua versione di Cocaine. Solitamente mi piace essere fedele all’originale e assai di rado ammetto di preferire una cover, ma è a questa che sono maggiormente legata perché è stata la prima versione che ho ascoltato e conosciuto ed è stata una delle prime canzoni di Eric Clapton che abbia sentito.
Vi confesso che nella mia innocenza di fanciulla in tenera età (non so perché stia parlando così, ogni tanto si affaccia nel mio modo di parlare il poeta ottocentesco che dovevo essere in un’altra vita… mah!) credevo che la canzone parlasse del pittore Gauguin… vedi un po’ tu come sto messa! Ma ora lascio la parola ad Eric:

Hasta pronto, Lola.

venerdì 9 aprile 2010

Musica. No, anzi: droga. No, era meglio musica…

Avrete forse intuito che amo la musica. Ascolto un po’ tutta la buona musica, soprattutto il rock, e ho notato che la maggior parte dei cantanti che ascolto sono morti una ventina d’anni fa di overdose, soffocati dal loro stesso vomito o assassinati. Già.. carino, eh? Altro filo conduttore, eccetto la morte violenta, è la droga. Sì, spesso erano strafatti mentre suonavano sul palco, ma mi riferisco alla droga come argomento dei loro brani… voi leggete mai i testi delle canzoni? Io sì e mi è capitato molto spesso di essere convinta che una canzone parlasse, per esempio, d’amore e invece tratta della vita in tournee (Stay – Jackson Browne). Non è che sia rimasta delusa, solo che ero sicura che trattasse di un tema romantico, poi leggo il testo e vengo smentita tanto clamorosamente! Così ho preso l’abitudine di leggermi bene i testi e cercare di capire di che si parla prima di dire cavolate… Oggi una mia compagna mi chiedeva perché sapevo tanto di inglese mentre lei non riusciva a memorizzare i termini, ed ecco il mio segreto: anni ed anni spesi a  cercare di capire di cosa parlano le canzoni che ascolto! Ma tornando un passettino indietro… di che stavo parlando? Giusto, della droga. No no, con calma! Delle canzoni che parlano di droga, non di droga in sé. Ora, io sto scrivendo quindi posso rivedere quello che dico ma di solito –come voi, immagino- parlo. Curioso, vero? E quando parlo non posso rivederlo e correggerlo e tagliarlo e controllarlo e sembro realmente sotto l’effetto di una qualche droga pesante, ma giuro che non ne faccio uso. Giurin giurello!
Apro digressioni su digressioni, è un mio difetto: non si capisce dove voglio andare a parare! Adesso fingete che io non sia pazza e non abbia fatto un monologo come quello qui sopra e ricapitoliamo: mi piace la musica e spesso nella musica si parla di droga, quindi… perché non raccogliere le canzoni con questo tema che mi piacciono di più e riproporvele qui sul blog? Mi rendo conto che come argomento è particolare ma ribadisco che è una scelta dovuta alla quantità di materiale che mi sono ritrovata. E per materiale intendo musica, tranquilli.

Comincerei con un’eloquente Cocaine, di J. J. Cale. Che è quella originale, quella di Eric Clapton è una cover. Cover che posterò più avanti.

See ya soon, guys! Lola

giovedì 8 aprile 2010

Quàtte rìche

Me sò decìs’a scrìve quàtte rìche.
Percè sò ffàtte passà tanda tìimbe?
Eh!…pe fforze, ce iàalde t’àgghi-a dìsce?
Tutte quànde t’avònne ditt’e scritte
Le mègghie pausì, la chiù bbèlla rìme.

Ma, afforze uè, ca iì, t’àgghi-a scrìve,
Dedecà com’a ll’àlde, quàtte rìche…
Tenève da tanda tìimbe cusse prìsce,
Percè tu me sì ffatte nnamerà
Cusse poste adavère bbèll’assà.

Nate, cressciùte, vìveche, fatìgghe,
Me sènghe de dìrte ca te sò ffìgghie.
Pe cchèsse mò, de cchù me sò decìse,
Dedecàrte cu core quàtte rìche.

Mègghie, iùn’asselùte, pe scrìve
GGiùste ggiùste u tìdue a sta pausì:
BBare, sì ttu u-amòre mì!

Gigi De Santis

Che c’entra ora questa poesia? Ma soprattutto: che diavolo dice?
Stanno arrivando le giornate assolate, le tipiche giornate estive, se non fosse per le temperature un attimino più basse, e con l’estate arrivano le vacanze che per me significano Bari! Sì, la poesia è in barese, non è ostrogoto stretto anche se la somiglianza è molta… Per coloro che non masticano, giustamente, il dialetto barese ecco una traduzione:

Mi sono deciso a scrivere quattro righe.
Perché ho fatto passare tanto tempo?
Eh!… per forza, che altro ti devo dire?
Tutti quanti ti hanno detto e scritto
Le migliori poesie, le più belle rime.

Ma, per forza vuoi, che io, ti debba scrivere,
Dedicare come gli altri, quattro righe…
Avevo da tanto tempo questo desiderio,
Perché tu mi hai fatto innamorare
Questo posto è bello assai.

Nato, cresciuto, vivo, lavoro,
Mi sento di dirti che ti sono figlio
Per questo ora, di più mi sono deciso,
Dedicarti col cuore quattro righe.

Meglio, una sola, per scrivere
Giusto giusto il titolo a questa poesia:
Bari, sei tu il mio amore!

010

venerdì 2 aprile 2010

If you want to sing out, sing out.

In questi giorni sto rimettendo ordine tra i miei megabyte di musica virtuale. In genere una cosa virtuale, quindi –viene da sé- non materialmente esistente, non può essere disordinata ma, credetemi sulla parola, se ci sono di mezzo io il disordine può esserci dappertutto! Spulciando i brani uno ad uno e scegliendo cosa tenere e cosa scartare mi sto godendo più che altro un po’ di buona musica e vorrei riproporvi questo brano. La canzone si intitola If you want to sing out, sing out ed è cantata dal Sommo, dal Magnifico, dall’Inimitabile Cat Stevens. No, non ho un’adorazione per lui… Il pezzo è anche colonna sonora del film Harold e Maude di cui vi parlavo anche in questo altro post. Il brano è praticamente un inno alla libertà: libertà di fare, di cambiare, di prendere strade diverse ma anche libertà di non fare tutte queste cose ma semplicemente di godersi la vita così com’è.

Ed ecco qui sotto, per i temerari che vogliono rovinare i timpani a qualcun altro cantando a squarciagola, il testo della canzone:

Well, if you want to sing out, sing out
And if you want to be free, be free
'Cause there's a million things to be
You know that there are
And if you want to live high, live high
And if you want to live low, live low
'Cause there's a million ways to go
You know that there are
[Chorus:]
You can do what you want
The opportunity's on
And if you can find a new way
You can do it today
You can make it all true
And you can make it undo
you see ah ah ah
its easy ah ah ah
You only need to know
Well if you want to say yes, say yes
And if you want to say no, say no
'Cause there's a million ways to go
You know that there are
And if you want to be me, be me
And if you want to be you, be you
'Cause there's a million things to do
You know that there are
[Chorus]
Well, if you want to sing out, sing out
And if you want to be free, be free
'Cause there's a million things to be
You know that there are
You know that there are
You know that there are
You know that there are
You know that there are