venerdì 23 aprile 2010

Niente è più ipnotico dello sguardo di un gatto.

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Questo gatto sarà morto da secoli. Già, sono questi i pensieri romantici che mi attraversano il cervello (malato, come già sapete) quando vedo foto di animali scattate vent’anni fa, in più era un randagio: è ancora più facile che si sia beccato una malattia o  che un’auto l’abbia preso sotto. Ma in realtà volevo scrivere un post allegro, solo che come al solito io penso una cosa e poi mi viene fuori l’opposto…

Ricominciamo da capo.

Vorrei diventare fotografa. Ma non per professione, solo per passione. Perché non per lavoro? Perché poi verrei chiamata a fare foto e filmini ai matrimoni di sconosciuti… sai che barba! Tutto il giorno a riprendere suocere che guardano in cagnesco il/la compagno/a di vita del/la proprio/a pargolo/a, cuginetti che si tirano i capelli, nonne sedute sulla sedia che fissano il vuoto con aria assente per ore, zitelle che fissano il testimone dello sposo credendo di parere provocanti, scapoli che cercano di abbordare la più carina tra le damigelle e poi le classiche foto di rito dove una famiglia di quaranta persone deve entrare in un’istantanea di 20x10 cm con sposi minuscoli al centro, donne ai lati e uomini accovacciati a terra (ho trovato una foto del genere in tutti i servizi dei matrimoni che abbia visto, non so voi!)… No no, meglio fare foto per diletto: una pianta rampicante dai colori vivaci che sale lungo un muro, un insetto su una foglia o meglio ancora cogliere lo sguardo di un gatto che magari sta studiando la sua preda, che osserva ciò che potrebbe rivelarsi un pericolo o che cerca di capire perché una pazzoide si è stesa per terra ad un metro da lui con un marchingegno sulla faccia (sarei io con la macchina fotografica…).

Questa foto è stata scattata da mio padre. Lo si capisce perché è venuta bene, ha una bella inquadratura, c’è un sapiente uso di profondità di campo (che sarebbe la fascia di “messa a fuoco” che risalta un soggetto sfocando ad esempio lo sfondo, in parole molto povere; in parole mendicanti) e perché è riuscito a regolare tutto questo in tempo per cogliere il gatto in una buona posa. Papà, insegnami.

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